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Diario di un fotografo

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Cagliari

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Un grande quadro, un olio su tela, tre metri per due, domina l’aula consiliare del Comune di Dorgali. È un dipinto dell’artista dorgalese Pietro Mele (1914-1989), rappresentante una scena marinaresca in cui una donna, in piedi su di un molo, tiene in braccio il figlio, accanto a lei una bambina. In loro presenza due pescatori scaricano il pescato sulla banchina, due ceste di pesci e ricci di mare. Forse la donna è lì per comprare, forse è la moglie di uno dei due pescatori.

Sullo sfondo, una cittadina, è Cagliari. Si possono riconoscere, da sinistra verso destra, i due campanili di Sant’Anna, la facciata della chiesa di San Francesco da Paola, il campanile di Sant’Eulalia, la torre di San Pancrazio, gli edifici dell’Università, Palazzo Boyl, la cupola della Cattedrale. L’opera è firmata e datata 1948, sebbene il bozzetto sia precedente al 1943; lo dimostra il fatto che l’artista ha riprodotto anche gli edifici della dogana nel molo Rinascita, distrutti durante i bombardamenti alleati di quell’anno. Possiamo senza timore di smentita collocare la scena nel molo Ichnusa. Cagliari è ritratta senza ferite, la luce è quella del tardo pomeriggio, di un mese caldo (tra giugno e settembre), periodo dell’anno in cui i raggi del sole bagnano la pietra e i muri facendoli vibrare nei toni caldi, dorati e rosati. È questa la tonalità dominante, resa ancor più viva dall’accorto utilizzo dei complementari, verde e azzurro, nel mare e nelle parti in ombra.

Sul piano plastico l’intera composizione si regge su una solida struttura, data dal senso orizzontale del dipinto e da due strutture geometriche: una piramidale, costituita dai bambini, il pescatore a destra e la donna, e un cerchio in alcuni tratti quasi perfetto, che i principi della Gestalt ci portano a completare anche nella parte più alta. Lo si può individuare seguendo, da sinistra a destra, la curva che parte dal mento del pescatore, scende lungo il braccio che poggia sulla coscia, riprende nel bordo della cesta di ricci, risale nel braccio dell’altro pescatore. Al centro di questo cerchio c’è un’imbarcazione. Possiamo già individuare sul piano semi-simbolico una sorta di ‘coppa’ che regge la città, formata alla base dai suoi lavoratori e le materie prime fonti di sostentamento, e contenente il futuro, i bambini. Sul piano simbolico questo concetto è sottolineato dalla palla, simbolo del mondo, tenuta in mano dalla bambina. Il bambino in braccio alla madre guarda dritto l’osservatore. La sua è una richiesta di impegno per questo futuro. L’imbarcazione inquadrata nel cerchio è, a mio modo di vedere, un simbolo di apertura verso il mare, la via contro l’isolamento, elemento imprescindibile per lo sviluppo.

Quest’opera racchiude in sé la cagliaritanità più vera, un atto d’amore del pittore dorgalese verso la città. Ci sono le persone, il mare, il lavoro, la luce, le pietre, gli edifici, la storia, i sapori, gli odori che fanno di Cagliari una città spettacolarmente bella.

Written by alecani

2014/02/03 at 12:36